sabato 29 gennaio 2011

Cultura monomaniacale

Radicali liberi radicalizzano libri
librandosi tra raduni libertini:
legittimano recinti di leghisti scabri
o di reclute legate a fasciste redini:
producono testi per procreare teste di prodi
nel testimoniare prodotti e prodigiosi tesori:
ascolta le loro promesse e asciutte odi
progettate per l'ascesa nei propositi degli ascoltatori:
balbettano una subcultura che, come culo
di baldracca, al culto del balordo sul balcone
si piega a novanta gradi; pietoso mulo
che sul piedistallo gratifica il pietoso pigmalione;
il loro maleducato sapere ha il sapore malsano
di chi cerca malizia di parte e non sapienza:
certo che il giogo giocoso fa sì che le parti non sappiano.
Partissero: la partita si giocherebbe meglio senza!

mercoledì 26 gennaio 2011

Omicide [1]

[quai. Metrica a posto; poche allitterazioni e rime per i miei gusti]


Tanatologo acerbo
la medicina
insegna anche la morte

Passamontagna nero
abiti scuri
confuso con la notte

Bastone estensibile
come garanzia
nel baule dell'auto

Karambit affilato
solida lama
solo amico fidato

Lido su mare rosso
tinta sanguigna
impressione o realtà?

Considera il calibro
pesa non poco
valuta attentamente

L'ascia ha del fascino
non esplicito:
efficace ma grezza

Dolore e paralisi
yawara al nervo
lesto colpo imprevisto

Un lampo come argento
breve stiletto
tronca i nervi spinali

Il polso si torce e spezza
aikijitsu
poi in ginocchio che ansima

Un cavo in tasca serve:
non puoi sapere
se, o chi, è da garrotare

Organizzare piani
m'annoia molto
ascoltare incapaci

Sono qui, sto aspettando
arriveranno
che sgradita sorpresa

Stiletto i pieno cuore
pulsa la presa
sempre più lentamente

Dolce afrore sanguigno
pavimento unto
eventi acri e violenti

Pugnale in controluce
strisce su acciaio
ricordi su materia

Dietro a un muro di casa
lancio le lame
sequenza mirata

Bella dea della morte
ci ammiri lieta
o vivi indifferente?

In casa, bosco o strada
dietro l'angolo
chi prevede cosa c'è?

Passeggio indifferente
neon urbani
scruto il prossimo centro

So come farlo bene
è il mio lavoro
per questo mi pagano

lunedì 24 gennaio 2011

Somaliland [Quai]

[Metrica: per ora sinalefe solo tra la stessa vocale, non mi piace: da sistemare!!!]


Soffia il vento negro
guerra bastarda
pance gonfie di bimbi

Là sul mare lontano
navi di morte
e, sopra noi, missili

Colpi, sembrano tuoni
fucilazioni
niente di vivo, resta

Polvere che era terra
sterile e nera
Ragnarok del futuro

Pandemia programmata
scelta pensata
il vecchio mondo muore.
Che mondo ci rimane?
niente futuro
solo violenze e morte.
Davanti al tramonto
ci si domanda:
quanto vale la morte?
Nel cielo la risposta:
fine di tutto
e senso del vivere.

Soldati ci sparano
un solo dubbio:
di che esercito sono?

Nel canneto osservo
lieve scuotersi:
avanza il nemico

Baracche diroccate
vera miseria
ma è pur sempre casa

Idranti colpiscono
folle serrate,
blindati schierati

Tre caccia sorvolano
terre predate:
per ora nessuna bomba

Carabina puntata
inquadro l'uomo
i suoi occhi brillano

Polvere nella brezza
primo mattino
niente rapporto scritto

Cielo all'equatore
nessun tramonto
notte cade sul giorno

Stupidi assassini
sopra le mine
inseguendo noi prede

Vento colpisce tende
desolazione
di pascoli lasciati

Nel puzzo della morte
l'ultima guida,
per febbre malarica

Nel campo di crateri
vedo un fiore
porpora su cenere

Tosse brucia nel petto
vado in branda
mi sveglierò più vecchio

Quando non ci sarò più
sarò libero
di volare nel nulla

Rocce giù dalla rupe
sarà una serpe
o il nemico letale

Gracidio delle rane
qui nel deserto
vorrei tanto vederle

Sul valico montano
passo rapido
non so cosa mi aspetta

Su rocce friabili
con corde marce
guardo la piana, laggiù

Le mughe profumano
ferita brucia
vorrei antibiotici

Uno stambecco pascola
non gli sparare
il rumore allerta

Sopra alla montagna
davanti mare
e dietro il deserto

Bianco sole, calore
vedi ma non sai
se crederci o meno

Stanotte niente sonno
bramo la morte
esisterà un senso?

Sabbia e solo sabbia
luci notturne
la rendono un mare

Forte luce lunare
globo nel cielo
ci tiene compagnia

Grandi fuochi bruciano
tutti danzano
solo per scordare

Giunge un temporale
lieve ristoro
il deserto fiorirà

Camminiamo incerti
erbaccia arida
troppi giorni di marcia

Forti, snelli cavalli
nobili occhi
guardo il fiume secco

Un corvo sulla pista
aeroporto
domani partiremo

Ultima sera buia
tutti stupiti
di esser, proprio noi, qui

Sotto ai capannoni
musica fitta
dimentichiamo tutto

Cielo rosso verso est
alba sfinita
ultimo strano giorno

I motori accesi
rombo tonante
asfalto come specchio

Scaletta d'alluminio
va bene così
spaesato, ora parto.

domenica 23 gennaio 2011

Quai

[haiku invertito (da 5-7-5 a 7-5-7 sillabe) = ku-hai = quai.
Dal francese banchina, molo, porto.
Il verso centrale è il nucleo, il titolo, il senso.
]


Portafogli ricolmo
ho, dunque sono
Signore Dio Denaro

Fascismi redivivi
parole nere
libertà redimorta

Lavoro

Lavoro, lavoro; che odio, il lavoro!
Ti schianta, ti arresta, se lavori
annichilisce, svilisce, ti svuota, il lavoro;
lo fai per vivere, per soldi, per onori:
comunque sia ti spreme, il lavoro. 
Si sfrutta, col lavoro, si ammassano tesori;
si corre, ci si sfianca, tutti in coro:
sinfonia del vacuo, del nontempo, del fuori:
fuori dal progresso, fuori dallo sviluppo,
fuori dal lavoro; lì, nel non lì, tu muori.
Muori perché si dà senso a ciò che non ne ha:
quale progresso? Dove andiamo?
Zitti e avanti tutta. Per dove?
Non si sa.
Ma non disturbate il macchinista.